Il seno rappresenta, fin dall’antichità, una delle parti del corpo femminile che più va ad influire sull’immagine personale di sé, motivo per cui gli interventi che coinvolgono il seno rappresentano uno dei campi maggiormente espansi della chirurgia plastica estetica.
La Chirurgia Plastica del Seno, ovvero la mastoplastica, comprende tre tipologie differenti di interventi. Le tre tipologie di intervento sono:
- Mastoplastica riduttiva (per correggere il seno ipertrofico)
- Mastopessi (per correggere il cedimento del seno)
- Mastoplastica additiva (per correggere il seno ipotrofico ed aumentarne la dimensione)
Gli interventi sulla mammella hanno una motivazione sia di tipo estetico, per migliorare la propria immagine di sé, sia (nel caso della chirurgia riduttiva), ma anche di tipo funzionale.
Cos’è la mastoplastica riduttiva
La mastoplastica riduttiva si propone quale obiettivo quello di correggere l’ipertrofia (o iperplasia) mammaria, che può essere di vari livelli di gravità, fino ad una vera e propria gigantomastia.
L’abbondanza di tessuto mammario può essere di differenti tipi: prettamente ghiandolare, misto ghiandolare e adiposo e infine più prettamente adiposo; alla condizione di ipertrofia mammaria, infine, si associa con frequenza la ptosi mammaria, o cedimento gravitazionale, dovuta al peso della mammella stessa.
Le pazienti che generalmente si sottopongono a riduzione mammaria sono alla ricerca di un sollievo da una serie di sintomi causati dal peso eccessivo del seno, che generalmente vengono corretti in modo più o meno completo dall’atto chirurgico; al termine, la mammella risulterà proporzionale al resto del corpo.
Mastoplastica riduttiva: per chi è indicata
Cosa rende una paziente la candidata ad un trattamento di mastoplastica riduttiva? Diverse condizioni, soggettive e/o oggettive, quali:
- Un seno troppo grande, troppo largo, ma soprattutto non proporzionato al resto del corpo;
- Un seno eccessivamente pesante, con areola e capezzolo nel punto più declive della mammella;
- L’asimmetria tra i due seni;
- Il dolore alla schiena, al collo o alle spalle per l’eccessivo peso;
- L’irritazione cutanea nella piega mammaria;
- Il dolore alle spalle causato dalla tracolla del reggiseno sottoposto ad un peso eccessivo;
- L’alterazione dell’immagine di sé…
La riduzione mammaria può essere praticata ad ogni età, ma è conveniente che sia stato portato a termine lo sviluppo ormonale puberale. Generalmente si pone indicazione se la quantità di tessuto da dover rimuovere, da ogni mammella, sia stimabile ad almeno 500g.
Come fatta la mastoplastica riduttiva: tecnica
Ci sono differenti metodi di approccio alla chirurgia riduttiva, ma generalmente le fasi sono sostanzialmente costanti: resezione di cute e componente ghiandolare e successivamente la ricostruzione mammaria con riposizionamento del complesso areola-capezzolo nella sede desiderata.
Fondamentale è il ruolo del peduncolo vascolare, che va preservato in modo da garantire l’irrorazione del tessuto mammario residuo.
L’incisione chirurgica viene generalmente praticata a livello periareolare e generalmente si ha un’incisone verticale inferiore e a livello del solco sottomammario; generalmente, il ricollocamento del complesso areola-capezzolo prevede di mantenere la continuità dello stesso al tessuto residuo, per non inficiare l’allattamento e la sensibilità dello stesso.
Mastoplastica riduttiva: risultati e complicanze
L’intervento si pratica in anestesia generale, con buon risultato finale nella stragrande maggioranza dei casi, soprattutto con stabilità nel tempo se non si avranno nuove gravidanze o allattamenti.
Le possibili complicanze dell’intervento sono la necrosi del tessuto areolare e del capezzolo, cosa particolarmente grave; è possibile anche lo sviluppo di ematomi e raccolte di liquido sottocutaneo; in seguito alla riduzione può derivare una certa asimmetria delle mammelle, che se necessario potrà essere corretta successivamente; inoltre, sono possibili perdita parziale o completa di sensibilità a livello del capezzolo o della cute o danno al capezzolo stesso, che richiederà una ricostruzione chirurgica.
La mastopessi: correzione chirurgica dei seni
La mastopessi è l’approccio chirurgico alla correzione della ptosi mammaria, ovvero alla condizione in cui il capezzolo si viene a trovare in posizione declive rispetto al normale piano in cui dovrebbe trovarsi.
Nella maggior parte dei casi si accompagna alla mammella ipertrofica, ma non sempre; può essere anche associata ad un seno di normali o ridotte dimensioni, spesso conseguente al processo di invecchiamento, gravidanza o allattamento.
L’indicazione all’intervento ha una natura assolutamente estetica; una potenziale candidata all’intervento di mastopessi è generalmente una donna che esprime una risposta positiva ad una o più delle seguenti domande:
- Il seno ha un aspetto cadente, sebbene di dimensione soddisfacente?
- Il capezzolo si indirizza verso il basso?
È sempre importante ricordare che esiste differenza fra dimensione e aspetto del seno e che la mastopessi influenza solo l’aspetto, non incrementando né riducendo la mammella stessa.
Chirurgicamente, la mastopessi è simile alla tecnica di riduzione mammaria, senza asportazione di tessuto; si tende a effettuare incisioni (e quindi cicatrici) di dimensioni il più ridotte possibili, da poter essere nascoste in modo agevole anche da costume o reggiseno poco coprente; alla mastopessi può essere associata una chirurgia additiva (vedi successivamente), con impianto di protesi. Le possibili complicanze sono analoghe a quelle viste per la mastoplastica riduttiva, generalmente più rare e di minor severità.
Cos’è la mastoplastica additiva
La mastoplastica additiva, che riveste un ruolo primario (sia come notorietà al pubblico che come diffusione), è l’approccio chirurgico alla necessità, da parte della Paziente, di incrementare il volume del seno. Si tratta della pratica chirurgica estetica maggiore, in termini di numero di pazienti all’anno.
Mastoplastica additiva: per chi è indicata
Le indicazioni per questo tipo di chirurgia sono di carattere assolutamente estetico e si rivolgono alla donna che presenta un’ipotrofia di tessuto mammario, per mancato o incompleto sviluppo della ghiandola (più osservato nella donna giovane) o per involuzione della stessa (spesso in seguito a gravidanza o allattamento).
Ci sono diverse condizioni che si associano al desiderio di incrementare il volume della mammella: la sensazione, e il disagio che ne deriva, di avere un seno eccessivamente piccolo, spesso in proporzione al resto del corpo; le difficoltà nella vestizione, con abiti che generalmente non “cadono” come si vorrebbe; l’asimmetria tra i due seni.
Come avviene l’intervento mastoplastica additiva: tecnica
Chirurgicamente, l’approccio più ragionevole per l’indicazione di tipo estetico-ricostruttivo è l’impianto di una protesi; in chirurgia ricostruttiva, successiva ad intervento demolitivo mammario per patologia neoplastica, è indicata anche la possibilità di utilizzare tessuto autologo, ovvero proveniente da altre sedi corporee della paziente; in questa guida, non verrà descritta tale tecnica, se non per accenni.
Le protesi mammarie attualmente disponibili sul mercato si compongono di una sacca impermeabile che contiene al proprio interno materiale fluido, il cui obiettivo è rendere la protesi di consistenza assimilabile al parenchima (o tessuto) mammario; il risultato complessivo può essere influenzato in particolare dalla cosiddetta reazione capsulare, che rende la regione di impianto di consistenza e aspetto alterati; altro elemento da prendere in considerazione è la superficie della sacca, che offre risultati migliori se “irregolare”; infine, il fluido contenuto all’interno della sacca, nonostante il contenitore dovrebbe essere tendenzialmente impermeabile, in modo costante anche se quasi impercettibile può trasudare, formando un ulteriore ispessimento della capsula periprotesica, ma al tempo stesso formandosi come barriera per evitare uno spargimento nell’organismo del fluido, che potrebbe avere conseguenze anche gravi.
Le diverse protesi commercializzabili sono composte da un contenitore con rivestimento in poliuretano e un contenuto di silicone, ma anche di soluzione salina, PVP o destrano e con forme differenti.
Tali protesi vengono impiantate all’interno di una così detta tasca, che può essere situata sotto al muscolo chiamato grande pettorale o al di sopra dello stesso, tra questo e il tessuto ghiandolare; la via d’accesso può altresì essere a livello del solco inframammario, a livello periareolare o transascellare a livello dell’apice inferiore dell’ascella.
Mastoplastica additiva: risultati e complicanze
La paziente sottoposta all’intervento generalmente ha un recupero molto rapido e una degenza ospedaliera assai ridotta, sebbene è necessario che a casa segua alcune norme comportamentali, come l’utilizzo di un reggiseno contenitivo opportuno.
Le complicanze sono rare e rappresentate nel peggiore dei casi da infezione del sito chirurgico o della protesi e da rottura della stessa; più frequentemente si assiste ad un’anomala reazione capsulare, definita contrattura capsulare.
È infine importante sottolineare come non vi sono limitazioni di sorta all’attività della donna portatrice di protesi mammaria (viaggi ad alta quota o immersioni in profondità possono essere effettuate in modo sicuro se il cambiamento di pressione non avviene in modo repentino!).
La paziente inoltre, non dovrà dimenticare di sottoporsi agli opportuni screening per la patologia neoplastica mammaria, sia come valutazione clinica dello specialista, sia come esami strumentali (è consigliabile la risonanza magnetica nucleare nelle portatrici di protesi mammaria).
In ultimo, è preferibile sostituire ogni 10 anni circa la protesi, perché sottoposta ad usura e possibile deterioramento.
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