Grugne 2.0: ritorno agli anni ’90

Chi ha vissuto appieno quel decennio di contraddizioni e sconvolgimenti che sono stati gli anni ’90 non potrà fare a meno di ricordare l’8 Aprile del 1994, quando il corpo senza vita di Kurt Cobain venne ritrovato nel garage della sua casa di Seattle. Accanto a lui una lettera di addio commovente di cui rimangono impresse soprattutto quelle parole: “It’s better to burn out then to fade away” (“Meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente”). Sì perché Kurt non era solo il frontman dei Nirvana, una delle band più famose del periodo, ma era soprattutto il portavoce di una generazione, la generazione X, di tutti quei giovani nichilisti che nei suoi testi ritrovavano se stessi e il loro modo di pensare.

Kurt Cobain è stato anche colui che ha reso popolare il Grunge, una sottocultura che non si riferisce solamente a dei codici musicali, ma anche estetici: capi oversize mixati a caso, camice check, jeans sdrucidi, sneakers o anfibi ai piedi, capelli “out of bed”.

La sua controparte femminile è senza dubbio rappresentata dalla consorte Courtney Love, l’altra faccia del grunge: ugualmente dirty e trasandato ma al tempo stesso femminile e sexy, con la biancheria in vista, maxi pellicce su micro babydoll, collant strappati, anfibi e uno smokey eyes volutamente imperfetto. Ma anche una giovanissima Kate Moss che al principio della sua carriera sembrava incarnare perfettamente lo spirito grunge, con quell’immagine da adolescente imbronciata in contrapposizione con le giunoniche “Supertop” degli anni ’80.

E se quest’ultimi stanno lentamente ritornando in auge, non possiamo tralasciare quest’ultimo stralcio dei 90’s che ritroviamo sulle passerelle di questa stagione e, come spesso accade, le catene di pronto moda sembrano aver talmente apprezzato questo trend da avercelo riproposto in tutte le loro collezioni.

Senza dubbio Heidi Slimane per Saint Laurent è l’esempio meglio riuscito (e più copiato) del Grunge in questo fall winter 2013: un grunge molto sofisticato il suo, fatto di micro-dress dal gusto “schoolgirl”, spesso in tartan, tulle o altre fantasie decisamente “girly”, sapientemente mixate ad anfibi o biker boots, collant a rete, maxi sciarpe, camice a quadri e grossi pull portati a “random”.

Ma non è l’unico dato che sono in tanti i designer ad aver reinterpretato questa tendenza, anche solo per poche uscite: Haider Ackermann, Fausto Puglisi, Rodarte, Jeremi Laing, Junia Watanabe, Philip Lim.

Largo quindi al tartan, sì ai collant (senza preoccuparsi di romperli), alle sovrapposizioni, al mix and match, agli anfibi; sì alla libertà di indossare ciò che si vuole senza preoccuparsi troppo di apparire “noiosamente perfette”; a Kurt sarebbe piaciuto così.

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